Oggi l’agonia Covid, in passato tanti fallimenti e speranze sfumate
SCIACCA. Quanti sogni infranti. Dall’ambizione di terzo polo turistico siciliano alla chiusura delle Terme. Con tanti soldi pubblici dilapidati. E di mezzo c’è sempre mamma Regione.
Negli anni Settanta la Regione Siciliana decise di diventare imprenditrice e nacque la Sitas (Società Italiana Termale Abano Sciacca), una joint venture paritetica con gli albergatori di Abano Terme che nell’accordo dovevano mettere in campo il loro know how. Un progetto faraonico con tanti soldi: undici alberghi in zona Sovareto e due strutture termali, sfruttando la grande risorsa delle acque e delle stufe vaporose.
Si lanciava il turismo a Sciacca, tutti pensavano già a ricchezza ed occupazione. I giovani si specializzavano in bagnini, fanghini, infermieri. Anche l’attività edilizia si preparava a crescere. Ma il progetto Sitas era un gigante con i piedi di sabbia, i risultati sono quelli sotto gli occhi di tutti: la Regione Siciliana non è stata capace di portare a termine l’ambizioso progetto partorito da una classe politica che pur di conquistare consensi nascondeva le proprie incapacità. Gli alberghi costruiti furono solo quattro, quelli di Abano Terme fuggirono ma vennero lautamente risarciti. Solo dopo anni di chiusura le quattro strutture costruire trovarono un acquirente. Ora funzionano bene nelle mani di Aeroviaggi che nell’asta fece sicuramente un buon affare.
Un’ampia area sul mare destinata ad insediamenti alberghieri rimase libera. La Regione, dalle cui casse uscirono miliardi di lire senza nessun risultato concreto, insieme agli alberghi mise all’asta anche i terreni. Vennero acquistati da Sviluppo Italia e affidati a Italia Turismo, società controllata da Invitalia, l’Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d’Impresa. I terreni erano vincolati a destinazione turistica e venne progettato un resort. Nel 2008 la sottoscrizione di un accordo con Sol Melìa Hotels & Resorts per la gestione, a partire dal 2011, dell’intero complesso. I tempi non furono però rispettati: non fu possibile posare la prima pietra a causa di un contenzioso. L’apertura è stata poi prorogata al 2012, ma gli spagnoli si tirarono fuori.
Per il territorio di Sciacca e per l’hinterland un’altra occasione rimandata, a conferma di quanta improvvisazione ci sia nella storia del rilancio turistico di questo territorio, dal fallimento Sitas ai problemi di Torre Macauda, fino alla clamorosa situazione delle Terme, chiuse ormai da sei anni. E in tutti i passaggi a tessere le fila c’è sempre la Regione Siciliana, abituata ai fallimenti oltre che a ripianare i debiti.
Quello dei terreni di Monterotondo di cui si parla in questi giorni è un ulteriore grosso investimento turistico in un’ampia fascia di costa che già 50 anni fa venne destinata ad insediamenti turistici e che dagli anni ’70 ad oggi è stata interessata da soli tre grandi investimenti, il Macauda Hotel, Sciaccamare e Verdura Resort. Solo una piccola parte dell’ambizioso progetto è diventata realtà, mentre tanti piccoli imprenditori con coraggio hanno tentato e stanno tentando di investire ancora sul turismo, le cui potenzialità sono rimaste immutate. Ma i servizi sono insufficienti e continua a regnare tanta improvvisazione, senza una vera idea di città.
Giuseppe Recca