Tutta Italia arancione, solo tre regioni sono d’accordo
La conferenza delle regioni ha chiesto un cambio di passo sulle norme che determinano i colori delle Regioni, per evitare i continui cambi, e che leghi le decisioni a parametri più oggettivi. Il tutto però senza abbassare la guardia perché le varianti corrono e impongono strette mirate ed immediate. Le Regioni chiedono questo al nuovo governo, vogliono una diga ai contagi che rischiano di aumentare progressivamente, ma anche misure che tengano conto dell’oggettiva realtà dei casi sul territorio.
Ma sulla possibilità di una Italia tutta arancione, ovvero di restrizioni omogenee per l’intero territorio nazionale, si registrano dissensi all’interno della Conferenza delle Regioni, come quello di Ruggero Razza per la Sicilia.
Sulla proposta avanzata ieri dal presidente Stefano Bonaccini concordano solo la Toscana, la Campania, la Lombardia, mentre il vicepresidente della Conferenza Giovanni Toti, governatore ligure, ha espresso la sua contrarietà: «Il paese si aspetta di ripartire», ha detto. E ha proposto invece una zona gialla nazionale, dunque con aperture di ristoranti, sport e spettacolo, e di estendere i passaggi di colore soprattutto a livello provinciale e comunale. Dissidi insomma anche se tutte le regioni concordano su una comunicazione tempestiva delle misure.
Una delle prime decisioni che dovrà prendere il governo sarà quella sullo stop della mobilità tra Regioni col decreto che scade il 25 febbraio: l’intenzione, visti i dati, è quella di prorogare il blocco almeno fino la 5 marzo quando scade il dpcm attuale che norma le misure anti Covid. Misure che qualcuno vorrebbe alleggerire: il Campidoglio per voce del neoassessore al Commercio Andrea Coia porterà al tavolo del prefetto di Roma e poi del governo la richiesta di consentire la ristorazione anche serale in fascia gialla.