Teatro Samonà, un pozzo senza fondo di soldi pubblici per una struttura perennemente incompleta
SCIACCA. Una storia lunga più di 4 decenni che regala a Sciacca l’esempio più evidente della inconsistenza di una classe politica e burocratica che appare specialista nell’erigere strutture pubbliche costosissime che rimangono in mezzo al guado. Mai complete ma sempre pozzi senza fondo dal quale disperdere denaro pubblico.
Il Teatro Popolare, meglio conosciuto col cognome del progettista, il fu architetto Samonà, ancora oggi è una macchina mangia soldi per rimanere sempre incompleto. Si esulta ancora oggi per l’approvazione del progetto esecutivo da parte del Genio Civile di Agrigento. Occorrono 1.2 milioni di euro per “l’esecuzione di una serie di lavori di manutenzione straordinaria, finalizzati al ripristino funzionale della saletta convegni di circa 80 posti, ubicata nel corpo “C”, ed alla riapertura al pubblico della sala principale di 818 posti, sita nel corpo “A” , che potrà, al momento, ospitare solo convegni e concerti musicali, in quanto le attività teatrali imporrebbero ulteriori lavori, per il recupero dei camerini/spogliatoio, ubicati in un’altra ala del teatro, nel corpo “B”, che attualmente non sono realizzabili in relazione alle risorse disponibili. Il progetto prevede anche il collegamento degli scarichi di acque reflue alla condotta fognaria comunale ed il ripristino degli impianti elettrici, idrici e di climatizzazione, ammalorati a causa dell’abbandono in cui versa la costruzione”, precisa il Genio Civile. Ora il prossimo obiettivo sarà la individuazione del finanziamento. Dovrà essere la Regione Siciliana a mantenere l’impegno assunto e mettere su carta (decreto) le promesse fatte nel corso dei vari sopralluoghi e dei comunicati stampa del presidente Musumeci e dell’assessore Samonà.
Eppure, il Teatro Popolare è costato alla comunità più di 25 milioni di euro. La sua progettazione è datata ai primi degli anni 70 del ‘900. Samonà progetta un teatro con al centro un palcoscenico a beneficio di due platee. Rimase, dunque, l’idea di due piazze con un protagonista al centro. E’ come se il palcoscenico servisse ai protagonisti di idee contrapposte e lo loro idee fossero misurate da due platee contrapposte.
Quando c’era la lira il teatro era costato, per non essere completato, 30 miliardi di lire. Poi venne l’euro e furono spesi nel 2006 altri 8,5 milioni dalla Regione siciliana. A questi va aggiunto il milione e duecentomila euro per l’esecuzione dei lavori approvati dal Genio Civile.
La posa della prima pietra del cantiere risale al 1979. Appena tre anni dopo, il cantiere chiuse. Erano finiti i soldi. Tutto resta fermo per oltre 30 anni, con 30 miliardi di lire già spesi. Nel 2006, la Regione stanzia altri 8,5 milioni di euro per completare la struttura; tre anni di lavori ma il teatro non è completo. Mancano le poltrone, manca il palcoscenico. La Regione stanzia altri 350.000 euro per indire la gara d’appalto per l’acquisto delle poltrone e finanziare quegli accorgimenti necessari per completare la struttura.
Ma, carramba che sorpresa! Il palcoscenico previsto nel progetto originale è stato murato e non completato. Inoltre, l’area d’azione degli attori è stata ricavata dalla buca dell’orchestra: lo spazio a disposizione è di 3 metri per 20.
Completare e gestire. Due dilemmi. Gestire quel teatro significa sborsare una cifra che oscilla tra i 500 e i 900 mila euro. Oltre 4 decenni, un periodo che esso stesso è già teatro. Tragicomico, farsesco.
Filippo Cardinale