I firmatari del ricorso: “Il sindaco Valenti contro la democrazia e si costituisce in giudizio con soldi pubblici”
SCIACCA. Rullano i tamburi di guerra. La politica si fa sentire con i consiglieri Bono, Monte, Milioti, Bentivegna, Maglienti, Caracappa, Cognata e Mandracchia. L’attacco è rivolto al sindaco considerando “grave che, nella sua qualità, si costituisca in giudizio per resistere al ricorso di noi Consiglieri comunali il cui esito, qualora fosse positivo, porterebbe al ripristino della fisiologica funzionalità dell’organo assembleare democraticamente eletto dai cittadini”.
Per Bono, Monte, Milioti, Bentivegna, Maglienti, Caracappa, Cognata e Mandracchia, è “intollerabile che il Sindaco si sia fatto autorizzare a tal fine dalla Giunta incaricando un professionista esterno che sarà pagato con risorse pubbliche, con relativo impegno di spesa, attraverso somme prelevate dal fondo di riserva e, con un’autentica forzatura, in gestione provvisoria”.
Ma a far imbufalire i firmatari del ricorso contro lo scioglimento del Consiglio comunale è una espressione contenuta nella delibera di incarico all’avvocato esterno: “stante le gravi conseguenze che ne possono derivare per l’Ente nel caso di accoglimento del ricorso”
Per Bono, Monte, Milioti, Bentivegna, Maglienti, Caracappa, Cognata e Mandracchia, il sindaco “si schiera contro il suo Consiglio Comunale, considerato che un eventuale esito positivo apporterebbe un vantaggio anche per i consiglieri non ricorrenti della ex maggioranza e lo fa facendo spendere al Comune risorse pubbliche e per di più dando atto in delibera che il ripristino del Consiglio costituirebbe un grave danno per il Comune”. Aggiungono, inoltre, che “l’atto di costituzione in giudizio del Comune non è altro che una difesa ad oltranza dell’operato dell’ Assessorato alle Autonomie Locali, a giustificazione di una prassi ispettiva ed ingiustamente sanzionatoria che, con il nostro ricorso, riteniamo illegittima perché posta in essere in assenza di norma”.
Bono, Monte, Milioti, Bentivegna, Maglienti, Caracappa, Cognata e Mandracchia, evdienziano anche un paradosso: “l’atteggiamento del sindaco che, dimenticandosi che tra i suoi assessori c’è anche un consigliere comunale, piuttosto che vistare essa stessa la proposta, avendo anche dato l’indirizzo agli uffici, fa compiere tale adempimento ad altro assessore che ricopre anche la carica di Consigliere comunale e quindi soggetto che potrebbe avere anch’egli un risultato vantaggioso dal rispristino del Consiglio”.
Infine, si riservano “di valutare gli estremi del danno erariale nella delibera in questione, ma quel che la città deve sapere è che chi ci amministra non esita a resistere in giudizio, con soldi pubblici, per evitare a tutti i costi che il Consiglio Comunale e cioè l’organo di controllo politico amministrativo ritorni in carica, dopo essere stato ingiustamente privato della sua libertà di determinazione, in assenza di esplicita disposizione normativa”.