EDITORIALE DI FILIPPO CARDINALE

Tanto tuonò che piovve. Nella nostra città, però, da qualche giorno si è abbattuta la tempesta perfetta. L’estremo meteorologico riguarda il campo della politica, anche delle istituzioni.

Ormai è noto a tutti ciò che è accaduto nell’ultima seduta consiliare. In queste ore, si è sviluppato il campo giurisprudenziale. Una sorta di Var (lo strumento usato nel calcio per analizzare con gli strumenti tecnologici l’irregolarità o meno di un’azione) in cui vengono citate norme, sentenze, interpretazioni, ma anche lacune che accompagnano una norma statale che, come al solito, in Sicilia trova terreno fertile a causa di un’assemblea legislativa incapace di essere produttiva, efficiente, efficace, veloce.

Una legge che, in verità, contiene un’anomalia che cozza contro il fondamento di una democrazia che si articola anche sul concetto di maggioranza e opposizione. Una coalizione vince se ha la maggioranza dei consensi e la maggioranza nell’aula elettiva. Una maggioranza svolge la sua azione in base agli atti contabili e finanziari. Documenti, questi, che mettono in pratica la sostanza politica di chi vince. All’opposizione resta il compito di vigilanza, ma, appunto, quello di essere in contrapposizione all’azione politica di chi governa.

Chi ha la maggioranza ha il dovere di governare così come la minoranza ha il dovere di opporsi. Se l’opposizione ad un atto, pur contabile-finanziario, di chi governa diventa una sorta di “reato” punibile con lo scioglimento del Consiglio comunale significa che nella macchina democratica qualcosa non funziona. Il compito di correggere disfunzioni è del legislatore, il quale spesso disperde la sua attività in pratiche che fanno scendere di livello la politica.

Fatta questa premessa, ci sembra interessante guardare in faccia la realtà politica-istituzionale che vive adesso la nostra città.

Vi è un Consiglio comunale indirizzato sulla via dello scioglimento poiché chi ha vinto le elezioni e conquistato la maggioranza, che man mano ha perso pezzi fino a ridursi a minoranza, non è stata in grado di mantenere i numeri in aula che, poi, costituiscono le fondamenta del principio della democrazia.

Infatti, uno dei documenti contabili, il rendiconto 2019, non è stato approvato. Non poteva poggiarsi, appunto, sulla garanzia offerta dai numeri della maggioranza poiché tale non era più. A questa sostanziale precarietà delle fondamenta democratiche nessuna azione di rafforzamento è stata posta in essere. Si è andati avanti puntando più sui muscoli che sulla ragione politica. In verità, si è puntato sulla “minaccia” e sulla “punizione” imposta dalla legge. La minaccia di “andare a casa”. Una paura che si impossessa solo ed esclusivamente del Consiglio comunale, poiché la legge prevede che è esso a sciogliersi mentre consente all’amministrazione comunale di rimanere in carica. Dalla democrazia rappresentativa, in buona sostanza, la legge consente il traghettamento ad una monarchia istituzionale.

Ma il dado è tratto. In attesa del fischio finale della partita in corso, che avviene con precisi atti da parte della Regione e che culmina con un decreto di scioglimento del Consiglio comunale da parte del Presidente della Regione, la città attraversa la tempesta perfetta.

Essa, infatti, vive in una situazione estremamente difficile. Il Comune di Sciacca vive anche in un profilo finanziario precario già dichiarato “strutturalmente deficitario”. Ma vive anche i riflessi nefasti dell’emergenza da coronavirus che ha avuto risultati devastanti dal punto di vista sanitario ed economico.

Diciamolo chiaramente, la città non può attraversare la tempesta perfetta in un contesto nel quale sono coinvolte le istituzioni, la politica. Venendo meno il Consiglio comunale, viene meno la parte elettiva, quella dei consiglieri comunali, di tutte le parti politiche.

Da qui dovrebbe nascere, dalla politica, una seria riflessione. Se è vero che il “bene collettivo” è la frase più usata dalla politica, è pure vero che essa dovrebbe agire in modo tale da far uscire dalla tempesta perfetta la città nei modi più consoni alla morale politica, al fondamento della democrazia, offrendo anche alla città il giudizio di esprimersi.