Mafia, “Icaro”: 12 condanne definitive. Le “famiglie” si erano organizzate attorno a Pietro Campo
BELICE. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso delle difese e le sentenze di condanna diventano definitive. Per Pietro Campo, 67 anni, di Santa Margherita Belice, ritenuto “esponente apicale dell’organizzazione criminale nel territorio”, è stata confermata la pena di 14 anni di reclusione in continuazione con una precedente sentenza. Condanna anche per il presunto capo della famiglia mafiosa di Agrigento, Antonino Iacono, di 64 anni, per il quale è stata confermata la pena in continuazione a 14 anni e 8 mesi di reclusione. Francesco Messina, 61 anni, cugino del padre del boss Gerlandino Messina, la condanna è di 14 anni e 8 mesi di reclusione con l’accusa di essere stato il nuovo capo della cosca di Porto Empedocle.
Condanne anche per Francesco Capizzi, inteso “il milanese”, 50 anni, di Porto Empedocle (10 anni); Francesco Tarantino inteso “Paolo”, 29 anni, di Agrigento (10 anni); Mauro Capizzi, 47 anni, di Ribera (10 anni e 8 mesi); Santo Interrante, 34 anni, di Santa Margherita Belice (10 anni); Giacomo La Sala, 47 anni, di Santa Margherita Belice (10 anni e 4 mesi); Rocco D’Aloisio, 46 anni, di Sambuca di Sicilia (10 anni); Tommaso Baroncelli, 40 anni, di Santa Margherita Belice (8 anni e 8 mesi).
Per Diego Grassadonia, 54 anni, di Cianciana la condanna a 10 anni di reclusione in appello è stata ridotta a 9 anni per effetto dell’esclusione dell’aggravante di essere stato un capo promotore ed è arrivata la conferma. Per Giuseppe Lo Pilato, 47 anni, di Giardina Gallotti (frazione di Agrigento(, assolto in primo grado, in appello era stata decisa la condanna a 9 anni di reclusione per l’accusa di associazione mafiosa e anche per lui è arrivata la conferma.
Per Emanuele Riggio, 45 anni, di Monreale, condannato in appello a 3 anni e 4 mesi, è stata pronunciata una sentenza di “annullamento senza rinvio per morte del reo”, essendosi tolto la vita in cella la scorsa estate.
Le nuove famiglie mafiose della provincia di Agrigento si erano riorganizzate attorno al 67enne Pietro Campo, fedelissimo del boss Matteo Messina Denaro. Una relazione segretissima del Ros – risalente al 2012, talmente riservata che non fu neppure inserita, in un primo momento agli atti dell’inchiesta per evitare di compromettere le indagini che cercavano di stringere il cerchio attorno al superlatitante – rivela un incontro fra i due avvenuto in un ovile. Il reparto speciale dell’Arma lo scopre in un secondo momento, perchè Campo lo racconta, con numerosi particolari, ad un altro “fedelissimo”, Leo Sutera.
Per i dodici imputati processati col rito abbreviato, dunque, è arrivata la condanna definitiva perchè la Cassazione ha rigettato i ricorsi della difesa.