Riabilitata impresa: “la parentela con condannati non giustifica un’interdittiva antimafia”

FAVARA.  La parentela con condannati non giustifica un’interdittiva antimafia in assenza di altri elementi che provino un condizionamento della criminalità organizzata. I giudici amministrativi hanno ribadito il concetto e dato ragione ad un’azienda di Favara pronunciandosi in merito a un ricorso contro la Prefettura di Agrigento.

I fatti risalgono al maggio 2019, quando un’impresa, assistita dagli avvocati Girolamo Rubino e Lucia Alfieri, si era rivolta al tribunale amministrativo regionale per ottenere l’annullamento e la sospensione del provvedimento con il quale l’ufficio territoriale del Governo aveva respinto la propria richiesta di rinnovo dell’iscrizione alla «white list», cioè l’elenco delle imprese autorizzate a contrarre con la pubblica amministrazione, ed emesso, nei confronti della stessa, un’informativa interdittiva fondata esclusivamente sull’esito di un procedimento penale nei confronti di due stretti congiunti (padre e fratello) della legale rappresentante della stessa società.

Il ricorso, inoltre, era finalizzato anche ad impugnare i provvedimenti da parte di Anac e Libero consorzio comunale di Enna che, per effetto della decisione della Prefettura, avevano annullato dei rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione.

Il Tar, dopo aver accolto il giudizio in sede cautelare, è adesso entrato nel merito, pronunciandosi definitivamente sul ricorso e sui motivi aggiunti e, con sentenza di accoglimento, ha annullato i provvedimenti impugnati, rilevando – in adesione alle tesi dei difensori – «l’assenza di qualsiasi valutazione sulla effettiva e attuale rilevanza della sentenza di condanna emessa nei confronti dei soggetti conviventi con le due socie dell’impresa colpita dal provvedimento interdittivo rispetto ad un possibile condizionamento della criminalità mafiosa sull’att ività di impresa». In pratica, in fase di firma dell’interdittiva, gli unici elementi presi in considerazione dalla Prefettura erano costituiti dalla sentenza stessa, «senza riferimento ad alcun elemento concreto da cui poter presumere un pericolo, quantomeno potenziale – sottolineano i giudici -, di una infiltrazione da parte della criminalità organizzata».

Pertanto, per effetto del pronunciamento del Tar, l’impresa favarese potrà da questo momento conseguire l’iscrizione nella «white list» e contrarre liberamente con la pubblica amministrazione, cosa che gli era stata negata da un anno.