Danno erariale da responsabilità medica, la Corte dei Conti solleva quesiti all’ASP di Agrigento
AGRIGENTO. Il dottore A.T., di anni 71, ha prestato servizio come dirigente medico dell’Aso di Agrigento nel reparto di ortopedia del presidio ospedaliero San Giacomo d’Altopasso. Con atto di citazione notificato, la Procura Regionale della Corte dei Conti ha citato il dottore A.T. è stato condannato al pagamento della somma complessiva di euro 361.601,21, somma in precedenza erogata a titolo di risarcimento del danno dall’Asp di Agrigento, in favore degli eredi di F.G.
In particolar modo, la Procura regionale ha contestato al dottore A.T. una ipotesi di danno erariale indiretto collegato al risarcimento del danno derivante dal decesso dI F.G., avvenuto in data 15 luglio 2005 presso il reparto di rianimazione del pronto soccorso San Giacomo d’ Altopasso di Licata a seguito delle asserite erronee cure praticate dal dottore A.T.
La Procura Regionale ha infatti asserito che il medico avrebbe determinato, con condotta gravemente colposa, il decesso di F.G., disponendo nei confronti della donna la somministrazione di un test allergologico a “base di rocefin”.
Il test allergologico è stato ritenuto dalla Procura altamente rischioso e poco efficace sul piano diagnostico. Il dottore A.T. si è dunque costituito in giudizio con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Rosario De Marco Capizzi che hanno evidenziato, sotto più aspetti, il mancato perfezionamento dell’elemento soggettivo dell’illecito erariale.
Gli avvocati Rubino e De Marco Capizzi hanno contestato la sussistenza dell’elemento della colpa grave evidenziando, in particolar modo, che il pomfo di prova rappresentasse, all’epoca dei fatti, uno strumento consigliato dalla formazione continua dei medici ai fini della effettuazione di “diagnosi di ipersensibilità a farmaci”.
I difensori di A.T. hanno quindi sottolineato come le consulenze tecniche d’ufficio disposte nei due giudizi avessero valorizzato le ultime conoscenze scientifiche acquisite dalla comunità medica, senza tener conto delle tecniche mediche impiegate all’epoca dei fatti. E’ stato dunque richiesto alla Corte dei Conti di procedere ad una autonoma valutazione dell’elemento soggettivo disponendo una nuova consulenza tecnica.
All’udienza pubblica dell’otto luglio 2020, gli avvocati Rubino e De Marco Capizzi hanno contestato le risultanze contenute in seno alla predetta consulenza evidenziando, in particolar modo, attraverso il richiamo di molteplici pubblicazioni scientifiche, che il pomfo di prova costituisse, all’epoca dei fatti, una metodica unanimemente consigliata dalla comunità Scientifica.
Allo stesso modo, gli avvocati Rubino e Capizzi hanno chiarito come, nel caso di specie, non fosse possibile svolgere nessun altro test.
Infine, i difensori del medico coinvolto, hanno evidenziato come il pomfo di prova fosse stato in realtà eseguito del tutto arbitrariamente dal personale infermieristico, quando risultava ormai cessato il turno ospedaliero della parte convenuta. I difensori del dottore A.T. hanno infatti prodotto un documento, rilasciato dalla stessa Asp di Agrigento, che proverebbe che parte convenuta aveva terminato il proprio turno ospedaliero diverse ore prima della esecuzione del test medico.