BUFERA SULLA SANITA’ SICILIANA, ARRESTATO ATTUALE COORDINATORE REGIONALE PER L’EMERGENZA CORONAVIRUS

Arresti illustri in un’operazione della Guardia di Finanza di Palermo che ha scoperto nella sanità siciliana un sistema di appalti truccati, corruzione e tangenti. Tra i destinatari di un’un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal Gip del Tribunale del capoluogo c’è Antonino Candela, attuale coordinatore della struttura regionale per l’emergenza coronavirus, ex commissario straordinario e direttore generale dell’Asp 6 di Palermo, agli arresti domiciliari per corruzione.

In carcere, invece, sono finiti Fabio Damiani, attuale direttore generale dell’Asp 9 di Trapani, e un suo collaboratore, l’agrigentino Salvatore Manganaro, di 44 anni. In totale sono dodici le persone indagate a vario titolo per corruzione, induzione indebita a dare o promettere utilità, istigazione alla corruzione, rivelazione di segreto di ufficio e turbata libertà degli incanti.

Candela ha 55 anni, aveva ricoperto la direzione dell’Asp di Palermo e pochi mesi fa il governo regionale lo aveva chiamato a fare il coordinatore dell’emergenza Coronavirus in Sicilia.  Candela è stato medaglia d’argento al merito della Sanità pubblica e durante il suo incarico a Palermo era finito sotto scorta dopo aver denunciato ai magistrati le pressioni per pilotare le gare d’appalto per la fornitura di pannoloni e materiale sanitario agli ospedali.

Con il medesimo provvedimento il Gip ha disposto il sequestro preventivo di 7 società, con sede in Sicilia e Lombardia, nonché di disponibilità finanziarie per 160.000 euro, quale ammontare allo stato accertato delle tangenti già versate: le tangenti promesse ai pubblici ufficiali raggiungono, però, una cifra pari ad almeno Euro 1.800.000.

Lo schema illecito, ricostruito dagli specialisti anticorruzione del Gruppo Tutela Spesa Pubblica del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria, sarebbe stato il seguente:
– l’imprenditore interessato all’appalto avvicina il faccendiere, noto interfaccia del pubblico ufficiale corrotto;
– il faccendiere, d’intesa con il pubblico ufficiale, concorda con l’impresa corruttrice le strategie criminali per favorire l’aggiudicazione della gara;
– la società, ricevute notizie dettagliate e riservate, presenta la propria “offerta guidata”, che sarà poi adeguatamente seguita fino all’ottenimento del risultato illecito ricercato.
Le condotte scorrette emerse nel corso dello svolgimento delle procedure turbate riguardano:
– l’attribuzione di punteggi discrezionali, non riflettenti il merito del progetto presentato;
– la sostituzione delle buste contenenti le offerte economiche;
– il pagamento di stati avanzamenti lavoro anche in mancanza della documentazione giustificativa necessaria;
– la diffusione di informazioni riservate, coperte da segreto di ufficio.

I pagamenti delle tangenti in alcuni casi sarebbero avvenuti con la classica consegna di denaro contante nel corso di incontri riservati, ma molto più spesso venivano invece mimetizzati attraverso complesse operazioni contabili instaurate tra le società aggiudicatarie dell’appalto e una galassia di altre imprese, intestate a prestanomi, ma di fatto riconducibili ai faccendieri di riferimento per i pubblici ufficiali corrotti.
Per rendere ancora più complessa l’individuazione del sistema criminale approntato, gli indagati si sarebbero spinti fino alla creazione di trust fraudolenti, con l’obiettivo di schermare la reale riconducibilità delle società utilizzate per le finalità illecite.
Il patto criminale, secondo le Fiamme Gialle, sarebbe stato poi ulteriormente cementato grazie alle continue e sistematiche interlocuzioni che erano necessarie per gestire tutte le fasi attuative dei contratti la cui durata era ovviamente pluriennale.