QUAL E’ IL NUMERO DEI CONTAGI CHE CONSENTE DI FAR RIPARTIRE L’ECONOMIA SICILIANA?

Qual è il numero dei contagi che consente alla Sicilia di riaprire e limitare gli effetti devastanti sull’economia del lockdown?  Ovvio che la fase 2 richiede tutte le dovute e necessarie cautele. Ma la domanda appare davvero incalzante.  La Sicilia, come altre regioni del Sud, quali Molise e la Basilicata, ha una curva epidemica ridotta. Non c’è stato, fortunatamente, la temuta esplosione dopo il rientro degli oltre 30.000 siciliani arrivati dal Nord.  Bisogna attendere che i contagi arrivino a zero o non è necessario?

Nel grafico che abbiamo elaborato, dall’1 aprile al 16 aprile, riportano i soggetti positivi quotidiani. La curva è scesa rapidamente e l’incidenza dei contagiati sulla popolazione siciliana è bassissima. E’ una delle più basse d’Italia.

I dati dei ricoveri e dei posti occupati in terapia intensiva sono buoni. Nella nostra Sciacca, il cui ospedale Giovanni Paolo II è stato sostanzialmente trasformato in Area Covid con la capacità di 75 posti letto (vedi Piano ospedaliero straordinario dell’Assessorato alla Salute), non c’è un paziente ricoverato.

L’esplosione della curva epidemica non è avvenuta ed è evidente che il lockdown, intervenuto quando ancora la diffusione del Coronavirus era allo stato iniziale, sia stato provvidenziale. Hanno giovato, senza dubbio, le misure rigide volute dal Governo Musumeci che hanno limitato ingressi e uscite in Sicilia.

Ma adesso? Adesso è il momento di lavorare sodo per la fase 2, quella della riaccensione degli apparati produttivi, commerciali. Gli apparati chiave della nostra Sicilia, come il turismo.

Il virus, è evidiente, non si potrà azzerare. Ma rallentare il contagio è cosa fattibile. L’eventuale proroga del lockdown che sposta la data del 3 maggio in avanti sarebbe una misura non proporzionata alla situazione epidemiologica della Sicilia. Un’Isola che si avvia a perdere tra 5 e 10 miliardi quest’anno, secondo le proiezioni Cerved, e due o tre settimane di chiusura in più o in meno si traducono in soldi, tanti soldi, che vanno in fumo in una Regione già povera e disperata, al di là dell’epidemia.

Allora è il momento di programmare la fase 2 con proposte da sottoporre al vaglio del parere degli scienziati ma che contengono ragioni solide alla luce dei trend degli ultimi giorni.

Una ripartenza che preveda misure di sicurezza efficaci. Ma è necessario darsi da fare. La Sicilia non può attendere che si svuotino i posti letto delle terapie intensive della Lombardia, regione vittima di una strage di dimensioni spaventose.

La politica siciliana, la classe imprenditoriale, le categorie professionali, spingano per sedersi attorno ad un tavolo per programmare la ripartenza.

Filippo Cardinale