RAGAZZA STRANGOLATA. IL SINDACO DI FAVARA: “CHIEDERO’ ALL’ARCIVESCOVO LA POSSIBILITA’ DI UNA MESSA RISTRETTA AI FAMILIARI”

L’ha strangolata, poi avrebbe tentato di uccidersi senza riuscirci e ha chiamato i carabinieri. “L’ho ammazzata” avrebbe detto. L’assassino è un infermiere di Vibo Valentia, la vittima una studentessa, Lorena Quaranta, 27 anni, che si sarebbe laureata in Medicina a luglio. I due convivevano. Lui è Antonio De Pace, infermiere e studente del primo anno di Odontoiatria. La decisione di convivere, cercando una casa a basso costo, trovata fuori Messina in una zona periferica del comune ionico, dove entrambi erano in isolamento per proteggersi dal coronavirus ed all’interno della quale.

La tragedia si è consumata ieri mattina, forse l’epilogo di una tensione crescente dei giorni scorsi, un’ansia che Lorena ha taciuto alla madre e al padre Enzo. Secondo una prima ricostruzione, al vaglio degli inquirenti, De Pace avrebbe strangolato, forse al culmine di una lite la fidanzata, non si conoscono ancora le motivazioni dell’omicidio, determinato forse da un moto di gelosia, o se, il delitto possa essere dettato dall’esasperazione del momento, dovuto all’effetto di una forzata e prolungata convivenza. Prima di chiamare i carabinieri l’omicida avrebbe cercato di suicidarsi tagliandosi le vene, ma l’arrivo dei carabinieri gli ha salvato la vita.

Quando ieri mattina è giunta a Favara la notizia, sulla città è caduto un enorme macigno. La  conferma è arrivata senza appello lasciando nello sconforto familiari, parenti, amici e l’intera comunità.

Fortemente rattristata il sindaco Anna Alba. “Abbiamo concordato – dice – di proclamare in contemporanea il lutto cittadino non appena la salma della povera ragazza raggiungerà Favara che, per giunta, non potrà godere dell’abbraccio della città a causa dei limiti imposti dall’attuale momento di emergenza sanitaria. Una vicenda assurda, difficile da accettare, impossibile da giustificare. Chiederò all’arcivescovo – aggiunge Anna Alba- di fare un’eccezione, magari consentendo la presenza in chiesa ai soli stretti familiari. Non poterla salutare per l’ultima volta sarebbe un secondo enorme dramma”.