CORONAVIRUS, IL MEDICO DEL “GIOVANNI PAOLO II” CONTAGIATO RACCONTA LA SUA VICENDA AL GDS

In un articolo a firma di Riccardo Arena e pubblicato oggi sul Giornale di Sicilia, la paziente medico di Sciacca risultata positiva al coronavirus mentre era in servizio presso l’ospedale di Sciacca racconta la sua sofferenza, ma anche il suo sfogo per essere stata sottoposta ad una sorta di linciaggio.

“Posso dire però di avere conosciuto l’animo umano, quello vero. La cattiveria che c’è dentro ciascuno di noi”, dice al GdS. La dottoressa è prossima alle dimissioni dopo un lungo periodo di ricovero nel reparto di Malattie infettive dell’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta.

“Sto ripetendo i tamponi, ce ne vogliono almeno due negativi per essere considerati guariti”. Fa il medico all’ospedale Giovanni Paolo II di Sciacca. “In gennaio- racconta al GdS- avevamo un paziente malato di tubercolosi, in reparto. L’abbiamo scoperto dopo. Così abbiamo rischiato anche la Tbc. Ci sta. Quello che non è ammissibile è essere considerati untori. Da tutti. Pure da quelli con cui hai parlato o lavorato fino a poche ore prima. Questo no, non ci sta, non ci deve stare”.

La dottoressa è stata posta al centro della causa scatenante l’infezione nella struttura ospedaliera saccense. “Hanno detto e scritto che ho frequentato una comitiva di bergamaschi, che sono stata a Bergamo nei giorni precedenti la manifestazione del contagio, che ho amici bergamaschi e che li avevo visti fino a poco prima. Un giornale lo scrive ancora ieri.  Tutte cose assolutamente false. Mai stata a Bergamo, mai avuto amici di quella città, mai incontrato nessuno che veniva da là. Eppure in tanti ci hanno creduto. E lasciamo stare chi non ti conosce e fa rimbalzare voci orecchiate qua e là. Ma chi sa chi sei? Come può dubitare di te?”.

Nelle quasi tre settimane di ricovero, la dottoressa ha riavvolto il nastro del film vissuto.  “Sono stata in ferie dal 23 al 29 febbraio. Fino al 4 marzo ho lavorato con tutte le precauzioni, con la mascherina, i guanti: la sera ho cominciato a manifestare i sintomi, febbricola e tosse, l’espettorato aveva tracce di sangue. Avrei dovuto lavorare di notte e ho subito avvisato la collega che non sarei andata. In ospedale ho fatto le lastre al torace e gli esami di sangue. Il giorno dopo mi sono messa in autoisolamento. Il tampone è risultato positivo venerdì 6. Da quando ho avuto il primo sintomo non sono più andata a lavorare”. La dottoressa è stata subito trasferita al Sant’Elia di Caltanissetta, nel reparto malattie infettive.

“I primi giorni ho avuto insufficienza respiratoria importante, è venuto il rianimatore a valutarmi. Per fortuna non ha ritenuto di dovermi intubare ma sono stati giorni pesantissimi. Non si può avere l’idea, se non ci si passa: da sola, senza poter vedere nessuno, neppure i familiari più stretti. Senza contatti, senza fiato. Sì, senza fiato,  dovevo materialmente risparmiarlo per avere la forza di parlare pochi minuti al telefono con i miei. Ed è terribile vedere e sentire il proprio padre anziano soffrire a distanza”.

Pensa all’immediato futuro: “In realtà non so dove tornare, una volta dimessa dall’ospedale. Dovunque vada, mi guarderanno con sospetto. Ho avuto tanta solidarietà dai colleghi dell’ospedale. Mi auguro che le chiacchiere finiscano, che i veleni via chat contro i miei si esauriscano”.