ALL’OSPEDALE DI SCIACCA DIMISSIONI DI MASSA. VIA I PAZIENTI CHE HANNO LE CONDIZIONI CLINICHE PER STARE A CASA
Mentre le notizie che riguardano gli esiti dei tamponi eseguiti al “Giovanni Paolo II” ritardano ad arrivare, è di stamattina la notizia che sono in corso dimissioni di massa di quei pazienti ricoverati in tutti i reparti che, naturalmente, siano in condizioni cliniche tali da potere tornare a casa.
Un’attività improvvisa che di fatto mira a svuotare le stanze di degenza del Giovanni Paolo II. Notizia confermata al telegiornale di RMK, dal vicepresidente della Commissione Salute, il deputato Carmelo Pullara. Pullara ha detto che si tratta di una specifica disposizione data dal direttore generale facente funzioni dell’Asp Alessandro Mazzara che all’ospedale di Sciacca non verranno più accettati nuovi ricoveri, ad eccezione dei casi considerati urgentissimi.
Per quanto riguarda le sale operatorie, esse si stanno adibendo a posti letto da terapia intensiva. Solo una delle sale operatorie rimarrà disponibile per eventuali interventi chirurgici urgenti.
Al Giovanni Paolo II non ci sono posti disponibili al momento nel reparto di rianimazione. Appare sempre più evidente che la struttura ospedaliera di Sciacca sia assurta al profilo di focolaio.
Notizie che dipingono sempre più un quadro generale che non è semplice né rassicurante.
Purtroppo, dobbiamo ancora segnalare che apprendiamo per vie traverse, grazie alla disponibilità di fonti che naturalmente consideriamo più che accreditate, in un ambito generale di difficoltà ad ottenere informazioni che non appare proprio un ossequio alla trasparenza, soprattutto se si pensa che si parla di situazioni piuttosto delicate.
Non sfugge a nessuno che l’ospedale di Sciacca che è quello dove sono stati accertati ben 16 dei 18 casi di contagio registrati in provincia di Agrigento. Ospedale trasformato in focolaio, e che per questa ragione, naturalmente, è interessato in queste ore anche da lavori di sanificazione e disinfezione nelle varie unità operative, in una situazione nella quale sono sempre di più gli operatori sanitari che, costretti alla riservatezza e a non rivelare la loro identità, non nascondono più i loro timori per il rischio di potere venire a contatto con soggetti affetti da virus.