CORONAVIRUS, IL MESSAGGIO DEL CARDINALE MONTENEGRO
Pubblichiamo il messaggio dell’Arcivescovo della Curia agrigentina, cardinale Francesco Montenegro.
In questo momento in cui tutti ci sentiamo preoccupati e forse un pò smarriti per via della diffusione del coronavirus sento il bisogno di raggiungervi, per manifestare a tutti e a ciascuno vicinanza e per rafforzare quel senso di famiglia che diventa più necessario soprattutto nelle situazioni difficili.
L’epidemia in corso ci ha colto tutti di sorpresa; sapevamo di fenomeni simili nella storia ma, probabilmente, pensavamo che ne saremmo rimasti estranei. Ci poniamo tante domande: come è potuto succedere? Quando si troverà un rimedio? Cosa dobbiamo e possiamo fare? Le autorità civili ci stanno dando delle indicazioni alle quali ci atteniamo perché sono pensate per il nostro bene; le ringraziamo per quanto stanno facendo e cerchiamo di essere responsabili osservando tutto ciò che è utile per salvaguardare la salute propria e quella degli altri. La gratitudine va anche agli operatori sanitari che con dedizione e professionalità stanno accanto a quanti sono colpiti dalla malattia.
Come sapete, qualche giorno fa anch’io ho pubblicato delle disposizioni (le potete leggere sul sito della diocesi o su quello dell’Amico del Popolo) alle quali vi chiedo di dare la debita attenzione. Ma insieme a tutto ciò che potrebbe rientrare nelle indicazioni di buon senso chiediamoci come affrontare cristianamente questo momento.
Passata l’emozione di panico o di paura legata alle tante informazioni che ci arrivano rimane l’interrogativo: cosa ci sta chiedendo il Signore? Vi confesso che da giorni mi porto dentro questa e altre domande, rispetto alle quali non so darmi risposte. Mi viene però da pensare che in un tempo in cui tutti ci sentivamo sicuri per il progresso scientifico e tecnologico, all’improvviso ci siamo trovati a fare i conti con un grande senso di precarietà.
Il virus – realtà infinitamente piccola tanto da essere invisibile all’occhio umano – d’improvviso si è messo davanti a tutte le nostre conquiste, mettendole in crisi. A ragione ci sentiamo vulnerabili; e di fatto lo siamo. Forse, con più evidenza, ci stiamo accorgendo di non essere onnipotenti, di non riuscire a dominare tutto, di non essere i padroni del mondo. Stiamo toccando con mano quello che dice Gesù nel Vangelo: “anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede” (Lc 12,15). La precarietà ci ricorda – adesso più che mai – che siamo nelle mani di Dio, che siamo povere e deboli creature, con la mano tesa verso il Creatore, chiamate a superare tutte le coniugazioni del verbo “avere” per vivere meglio quelle del verbo “amare”. Usciremo più forti da questa vicenda se la affronteremo con umiltà e se riprenderemo il cammino della vita sapendo che il problema non è quello di sostituirci a Dio ma di servirlo e di amarlo. Questo senso di profonda umiltà ci porti a riconoscere il bisogno di una profonda conversione della e nella nostra vita. Dio non vuole il male, non vuole la morte ma ci chiede sempre di cambiare il cuore, di correggere il tiro per centrare, finalmente, il bersaglio nella nostra vita. Non sono discorsi astratti ma atteggiamenti che dobbiamo riprendere a coltivare se davvero vogliamo dare un senso a ciò che ci sta succedendo. E tutto questo si rende possibile nella preghiera. Ve lo chiedevo qualche giorno fa e ritorno a farlo: abbiamo bisogno di pregare e di pregare tanto. Ci sono state raccomandate delle limitazioni che ci chiedono di evitare assembramenti nelle chiese ma questo non vuol dire che non possiamo pregare. Dobbiamo bussare con forza al cuore di Dio perché al più presto ci liberi da questo male. Dalle nostre comunità e dalle nostre case si innalzi incessante l’invocazione di aiuto e di misericordia. Nella preghiera sentiremo ancora le parole consolanti di Dio: “Non temere, io sono con te per proteggerti, io sono il tuo scudo, io cammino davanti a te, io ti amo…”. La certezza che Dio è dalla nostra parte ci darà la voglia di lottare insieme, di mettere fuori quell’insospettata riserva di forza che tutti possediamo e di vedere, attraverso la crepa di questa situazione, la luce del Risorto che ci incoraggia e ci da speranza.
Sosteniamoci tutti con la preghiera. Sentiamoci una sola famiglia e facciamo circolare tutto il bene possibile che Dio ha messo nel nostro cuore.
Il mio abbraccio e la mia benedizione per tutti voi
Agrigento, 7 marzo 2020
+ don Franco, Arcivescovo