“E ORA CHE SI FA?”, UN LUTTO PER TUTTI, MA NECESSARI SILENZIO E RIFLESSIONE
Ora che si fa? Tra me e me ho cercato di riflettere su cosa fosse giusto. Perché ieri tutti ci siamo alzati con un senso di sconfitta e con il cuore a pezzi chiedendoci. E adesso?
Perché questo dolore, lacerante per i genitori, per la mamma che non può più abbracciare suo figlio, per il papà che vorrebbe disperatamente rimettere le lancette indietro, ha colpito tutti, proprio tutti e il silenzio si è impadronito delle nostre tasche fino a ieri sera piene di allegria di voglia di festa di canzoni di carnevale.
Il tempo si è fermato e ogni risposta alle domande che vorremmo fare è inutile per ognuno.
E’ lutto per tutti i carristi che da mesi e mesi cercano di rendere i loro lavori meravigliosi per chi viene da lontano a visitare la nostra città.
È lutto per tutti i ragazzi che lavorano dietro le quinte, per coloro che per mesi hanno preparato recite e balletti da mostrare per strada.
È lutto per gli organizzatori che hanno cercato di far tutto nel migliore dei modi.
Lutto per tutti gli organi di sicurezza pubblica e di servizio sanitario che hanno cercato di garantire la sicurezza e la tranquillità per tutti noi.
È lutto per la nostra città che si era preparata cercando di prevedere ogni imprevisto o problema cercando alternative e soluzioni.
E adesso ci sentiamo tutti un po’ più insicuri un po’ più piccoli rispetto a quel senso di impotenza che ci avvolge quando ci rendiamo conto che ci sono cose a cui non possiamo porre rimedio.
Siamo sempre di corsa a programmare, a spiegare, a cercare di capire per poi trovarci spiazzati difronte a qualcosa che poteva succedere a chiunque, qualcosa che nessuno avrebbe mai voluto, qualcosa che ha frantumato il cuore di una famiglia .
Una famiglia a cui non interessa nulla del Carnevale, della macchina organizzatrice, degli interessi economici, dei turisti, di chi adesso pensa a ciò che ha perso e che poteva avere.
Una famiglia, che poteva essere la nostra, un bimbo che poteva essere il nostro.
Una morte che poteva colpire ognuno di noi e che oggi ci impone solo la parola silenzio.
Monica Sutera