LA DOPPIA FACCIA DELLA MEDAGLIA DELLA MOZIONE DI SFIDUCIA
EDITORIALE DI FILIPPO CARDINALE
Il dubbio amletico sembra poca cosa rispetto a quello che assale chi si trova al cospetto della mozione di sfiducia al sindaco e che approda in aula.
Il dubbio amletico avvolge in misura forte non solo chi l’ha firmata, ma anche chi non ha apposto la firma, ma si trova nella parte delle opposizioni. Assale anche chi, pubblicamente, ha espresso “emarginazione” fino ad essere spinto “nel sottoscala”, buio e poco confortevole. Senza risparmiare chi è stato “azzerato” e tacciato di coltivare l’orticello.
La “quindicina” necessaria ad approvare la mozione c’è. Le opposizioni e i recenti fuoriusciti dalla maggioranza si trovano davanti a due strade “continuare a vivere nelle avversità proprie dell’esistenza” “oppure andare incontro alla morte e abbandonarsi al nulla?” (Amleto).
Nel primo caso, le “avversità dell’esistenza” sono le dichiarazioni che le opposizioni esternano in ogni occasione e rappresentano “il fallimento del progetto Valenti”. Il secondo caso, “oppure andare incontro alla morte e abbandonarsi al nulla”, è rappresentato dal continuare per altri due anni e mezzo in quel “nulla” che sarebbe la criticata Amministrazione Valenti e continuare il gioco delle critiche per finire, poi, per “spirito di responsabilità” ad approvare, turandosi il naso, le proposte deliberative che arrivano dalla Giunta municipale. Il concetto di “morte” sarebbe, invece, quello della fine della consiliatura con la paura di non essere più rieletti. Ma tra due anni e mezzo, se non viene approvata la mozione di sfiducia, sempre alle elezioni si deve andare e il rischio della trombatura rimane sempre.
Dalla parte della fu maggioranza, in verità, la sfiducia è passata senza bisogno del voto in aula. Ben 6 consiglieri comunali hanno lasciato la maggioranza. Infatti, da 14 consiglieri la coalizione che ha vinto le elezioni è scesa a 8. La perdita di 6 consiglieri già, essa stessa, rappresenta una sfiducia al sindaco. Chi è fuoriuscito dalla maggioranza lo ha fatto perché non ha più creduto al progetto del sindaco Valenti, quindi non ha avuto più fiducia nel sindaco.
Ciò che necessita alla città è la chiarezza, la demarcazione trasparente tra chi crede nelle parole proferite nel corso degli interventi in Aula ed è consequenziale, e tra chi assume il profilo del parolaio, che nella declinazione sciasciana si colloca nell’ultimo profilo dell’uomo.
La mozione di sfiducia è approdata in Aula e si è trasformata da un atto improbabile ad una realtà concreta. Ha assunto la concretezza anche per il fatto che a votarla ci sarebbe la cifra di 15 consiglieri.
Votarla o non votarla? Sta nella coerenza e nella coscienza dei consiglieri comunali. Qualsiasi sia l’esito, è un momento particolarmente importante. Se passa la sfiducia, le opposizioni mettono fine a quello che dichiarano “fallimento del progetto Valenti”. Se non passa, la gente saprà chiaramente e inequivocabilmente chi sta da una parte e chi dall’altra, senza perpetuare quei giochetti di comodo che oramai tutta la città conosce. Giochetti che, magari, portano alla salvaguardia di interessi poco “collettivi”. Fare chiarezza a Sciacca è già un successo, una forma palese di rispetto verso i cittadini.
Per chi ha la memoria corta, o per chi era ancora troppo giovane nel 1999, con l’esperienza vissuta della sfiducia a Ignazio Messina, Sciacca non cadde nel buio. Si illuminò, invece, con la buona amministrazione di uno dei migliori sindaci che la città abbia avuto: Ignazio Cucchiara. Non tutti i mali vengono per nuocere, e l’esperienza della sfiducia del 1999 rimane ancora un palese esempio.