PER LA DDA NICOSIA COME DOTTOR JEKYLL E MISTER HYDE

Vi sono diversi aspetti che emergono leggendo l’ordinanza di custodia cautelare della Procura Antimafia di Palermo. Antonello Nicosia è descritto come personaggio dal doppio volto, un dottor Jekyll e mister Hyde dei tempi moderni.

“Per aver intrattenuto contatti con esponenti di vertice di altre famiglie mafiose programmato estorsioni, danneggiamenti e altri atti intimidatori, consentito i contatti con gli altri associati anche detenuti…. in Sciacca e altre località della provincia di Agrigento dal 1999 e con condotta perdurante ”. Le pagine dell’ordinanza contengono elementi descritti dagli inquirenti che fanno ritenere alla Procura di Palermo che Antonello Nicosia sia un mafioso.

La sua partecipazione all’organizzazione Cosa Nostra. Secondo gli inquirenti, l’impianto accusatorio andrebbe ben oltre l’ipotesi che Nicosia abbia utilizzato il suo ruolo di assistente parlamentare e componente del comitato nazionale dei radicali, per incontrare boss detenuti, recapitare o acquisire messaggi da veicolare all’esterno.

Secondo il Procuratore aggiunto Paolo Guido e i sostituti Francesca Dessì e Calogero Ferrara, i rapporti di Nicosia con la mafia sarebbero datati già dalla fine degli anni Novanta quando lo stesso faceva parte di un’organizzazione dedita al traffico di droga. Reato quest’ultimo che gli è costato una condanna, finita di scontare nel 2009, a dieci anni e mezzo di carcere. Per i magistrati inquirenti della procura antimafia, Nicosia si sarebbe comportato da mafioso in tanti altre circostanze. Tipicamente mafiosa, innanzitutto, sarebbe stata l’accortezza con cui pensava di evitare di essere intercettato: “…. io ogni mese mi cambio la macchina apposta chissà si mettessero in testa di mettere cose… ci vogliono quarantacinque giorni per l’autorizzazione e io gliela vado a lasciare prima. Già ne ho un’altra ordinata… possono solo impazzire, monta e smonta, monta e smonta che minchia mi interessa”.

Cambiava anche le schede telefoniche, intestate a ragazzi, per evitare le intercettazioni. Ragazzi che “devono essere puliti”, perché “se sono pizzicati non sono buoni, li mettono sotto controllo i telefonini scherzi?”.

Con Accursio Dimino. Secondo gli inquirenti, Nicosia discuteva di vecchie e nuove vicende di Cosa Nostra. Alcune risalenti negli anni. Sono sempre le parole di Nicosia a ricostruire che “quella sera … quando eravamo a Sambuca mi hai detto: ci vieni a San Giuseppe Jato?”. Con Dimino avrebbe incontrato Giovanni ed Enzo Brusca, mafiosi del paese in provincia di Palermo e allora latitanti. Oggi sono entrambi pentiti.

Nicosia rimpiangeva i tempi dei corleonesi. Sempre secondo gli investigatori, Nicosia disprezzava ad esempio Giuseppe Quaranta che, appena arrestato nel blitz denominato “Montagna”, aveva deciso di pentirsi: “…. questo una cosa inutile è… che si usa dare confidenza? Uno spazzino è… tutte cose si sono cambiate… come minchia si affida a gente così… si affidano a gente così scarsa… cosi scadente”.

Gli incontri con i boss. Raccontava di avere incontrato, fra il 1999 e il 2000, Carmelo “Carmine” Bono, allora reggente della famiglia di Sciacca. “… all’oleificio sai cosa mi ha detto? Mi ha detto tu sei Antonello … assai gira il tuo nome… gli ho risposto ma vossia chi è?… minchia cosi… gli ho detto il mio nome gira ma il suo no… perché io a vossia non lo conosco”, rispose con sfrontatezza Nicosia al capomafia. Qualcuno lo aveva richiamato. Non doveva mancare di rispetto al boss. “Ma che minchia me ne fotte a me gli dissi io… a me non mi rappresenta un cazzo… né lui né altri”, rincarò la dose Nicosia. Che aggiungeva particolari anche sul suo ruolo di collettore del pizzo quando la mafia agrigentina era guidata Salvatore Di Gangi: “… no a me per come me li davano… c’erano due favaresi… per come entravano… prendevo e glieli portavo”.

Con l’uso delle microspie per intercettarlo, secondo i carabinieri del Ros e i finanzieri del Gico del Nucleo di polizia economico-finanziaria, Nicosia chiedeva a Dimino se avesse reclutato “qualche ragazzo” per una “operazione”: e cioè un’intimidazione ai danni di un’impresa che stava lavorando al porto di Sciacca. O come quando programmava di spaventare un altro imprenditore che si era aggiudicato con una offerta al ribasso dei lavori in un resort: “… quant’è 300, tu gli fai un danno di 600, così se lo chiamano a fare il servizio lui prende e rinuncia… la pistola ci vuole… Ci devi andare campagne campagne…fallo… solo, e poi te ne vai, ti vai a buttare campagne campagne solo… è brutto, basta ti metti un passamontagna, campagne campagne, vai a piedi non ti preoccupare, lasci la macchina … lo fai e te ne vai ad Agrigento, fuori, a Catania … e sei tranquillo. E cusì si insigna”.

Rapporti fra Nicosia e il castelvetranese Giuseppe Fontana. Noto con il nome di Rocky, scarcerato nel 2013 dopo vent’anni di carcere. Fontana è un vecchio amico di Matteo Messina Denaro. Il 14 febbraio 2019 i carabinieri del Ros hanno intercettato e fotografato Nicosia e Fontana mentre si recavano a Porto Empedocle, nel bar dove lavorava Fabrizio Messina, uomo d’onore e fratello di Gerlandino, un tempo capomafia dell’intera provincia di Agrigento.