ACQUA, I COMUNI NON CONSEGNATARI PRESSANO PER CONSERVARE LE RETI
Rimane ancora irrisolta la questione dei 12 Comuni agrigentini non consegnatari delle reti e impianti. Una vicenda che ha riverberi poco positivi sulla scelta della forma gestionale del servizio idrico agrigentino.
Ci sono 12 Comuni non consegnatari, detti “Comuni ribelli”, che non hanno mai consegnato le reti idriche al gestore ed hanno continuato a gestire il servizio in house. Comuni che, comunque, hanno seguitato a partecipare alle assemblee degli Ato prima e Ati dopo, determinando scelte che hanno inciso pesantemente. Ma soprattutto, la non consegna delle reti e impianti, ha determinato l’aumento dei costi a carico dei Comuni consegnatari.
Non hanno consegnato le reti Aragona, Bivona, Burgio, Cammarata, Cianciana, Joppolo, Menfi, Palma, Sant’Angelo, Santa Elisabetta, Santa
Margherita e Santo Stefano. Questi hanno chiesto all’ATI di beneficiare dell’articolo 147 bis della legge regionale 157/2006 per gestire in proprio reti e fonti. La legge stabilisce che sono fatte salve le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti, nei comuni che presentano
contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico a fonti qualitativamente pregiate, sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette, ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico.
Ma, in buona sostanza, quelli che potranno gestire in house il servizio sarebbero non più di tre. L’ATI, però, fa melina e sta valutando la possibilità di votare una sorta di deroga temporanea per consentire a questi Comuni di rientrare su temi come l’efficienza del sistema di depurazione o il pagamento a tariffa piuttosto che forfettario.
Intanto, l’ATI sta esaminando le istanze presentate dai Comuni non consegnatari. In ogni caso, quei Comuni che dovessero rientrare nelle caratteristiche per una gestione in house, gestirebbero gli impianti ma non le risorse. Insomma, l’acqua del territorio agrigentino è di tutti, comprese le fonti. Anche questo significa acqua pubblica.