MAFIA, I CARABINIERI DEL ROS ACQUISISCONO DOCUMENTI NELLE LOGGE MASSONICHE

Un passaggio consequenziale all’importante operazione antimafia eseguita stamattina a Licata e a Palermo è che i carabinieri del Ros si sono recati nelle sedi delle logge massoniche di Licata e di Palermo per acquisire gli elenchi degli iscritti.
Dagli elenchi potrebbero saltare fuori i nomi di alcuni contatti che Lucio Lutri, insospettabile funzionario della Regione a sua volta ex maestro venerabile, e il figlio dell’ultimo capomafia dell’Agrigentino, Vito Lauria, anche lui “maestro venerabile”, avrebbero intrattenuto per i loro affari.

I carabinieri sono arrivati alla loggia “Pensiero e azione” del Grande Oriente d’Italia e alla loggia “Arnaldo da Brescia”, pure questa appartenente al “Goi”. Non si tratta di una perquisizione ma di acquisizione di atti.

Intanto, nel corso delle perquisizioni a carico degli arrestati di stamattina sono state sequestrate anche pistole a Giovanni Mugnos, uomo della cosca licatese, mentre a Vito Lauria sono state sequestrate munizioni da guerra.

L’indagine coordinata dal procuratore aggiunto della Dda Paolo Guido e dai sostituti Claudio Camilleri, Calogero Ferrara e Alessia Sionatra, ha preso spunto dalle relazioni tra il capomafia Salvatore Seminara (ritenuto al vertice della famiglia di Caltagirone, già condannato e sotto processo per mafia e il duplice omicidio a Raddusa a Pasqua 2015 ) e alcuni esponenti mafiosi licatesi capeggiati da Giovanni Lauria per spartirsi appalti per la realizzazione di un complesso turistico alberghiero e la demolizione di immobili abusivi nel Comune di Licata.

Il Ros ha documentato riunioni tra Lauria e i suoi più fidati sodali con gli esponenti della famiglia mafiosa di Caltagirone individuando quali esponenti della cosca licatese Giovanni Mugnos, Giacomo Casa, Angelo e Vito Lauria, quest’ultimo, figlio del boss Giovanni, era maestro venerabile di una loggia a Licata.

Il gruppo mafioso – scrive la procura nel fermo – si avvaleva di Lucio Lutri, di una loggia massonica con sede a Palermo, che metteva a sua disposizione la “privilegiata rete di rapporti intrattenuti con altri massoni professionisti ed esponenti delle istituzioni”. Lutri, secondo l’inchiesta, si è anche rivolto a Giacomo Casa “al fine di costringere con metodi mafiosi un imprenditore che non voleva saldare un debito nei confronti di una persona a lui vicina”.  Nei dialoghi intercettati dai carabinieri Mugnos e Lutri  sottolineano la necessità di non utilizzare i telefoni in quanto intercettabili e quindi pericolosi come “bombe”. Giovanni Lauria, detto il professore, viene indicato dai suoi uomini come mafioso “vecchio stampo” che rispetta le regole della “vecchia mafia”, come il disprezzo per il traffico di droga e il divieto di uccidere donne e bambini, ma inflessibile nel punire chi si è reso responsabile di quella che lui considera “una mancanza”.