30 ANNI FA L’ATTENTATO CON L’AUTOBOMBA A ROCCO CHINNICI
La 126 verde imbottita di tritolo davanti alla sua casa di via Pipitone Federico, a Palermo, il boato dell’esplosione, il cratere sull’asfalto e, soprattutto, tanta rabbia e incredulità per una perdita che lasciava sgomenta l’Italia intera. Così, insieme al maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi, all’appuntato Salvatore Bartolotta, entrambi componenti della scorta, e al portiere dello stabile Stefano Li Sacchi, il 29 luglio del 1983 Cosa Nostra uccideva Rocco Chinnici, il primo giudice ad essere ammazzato da un’autobomba.
Chinnici fu molto altro, oltre che il detentore di questo triste e tragico record. Padre professionale e maestro di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, il magistrato di Misilmeri fu figura fondamentale nella lotta all’organizzazione criminale siciliana a cui inferse un vero e proprio corpo mortale: l’ideazione del Pool antimafia.
Chinnici, dal 1979 era a capo dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo. Ritenne che per esercitare un’azione veramente efficace nei confronti della Piovra fosse necessaria una maggiore collaborazione in sede di indagine. L’intenzione era quella di costituire un gruppo di magistrati che si occupassero esclusivamente di processi di mafia, scambiando e condividendo informazioni in modo da difendere e rendere più sicure le inchieste.
Grazie al “metodo Chinnici”, la rotta si invertì e i risultati furono evidenti: nato ufficialmente con Antonino Caponnetto, fattosi trasferire all’Ufficio Istruzione dopo l’eccidio di via Pipitone Federico, il Pool antimafia, formato dagli stessi Falcone e Borsellino e da Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta, portò alla scoperta della Cupola mafiosa – Cosa Nostra veniva intesa per la prima volta come organizzazione verticistica e unitaria -, e al maxiprocesso di Palermo che nell’86 impose condanne ed ergastoli per boss del calibro di Michele Greco, Totò Riina e Bernardo Provenzano. Un grande successo dovuto anche all’intelligente intuizione di Chinnici, una delle tante di una carriera e di una vita interamente spese nel nome della giustizia e al servizio dello Stato.